ancoraggi 1° puntata
Un ancoraggio ben fatto è meglio!
Favorisce l’aumento dell’autostima, aiuta il controllo dei succhi gastrici durante la notte, combatte l’insonnia e regola il tono dell’umore del Comandante
(e di conseguenza quello di tutto l’equipaggio)
Ecco, per cominciare, un’ interessante e realistica definizione tratta da un volume americano:
Anchorage
1) Destination at day’s end. Always found at the junction of two charts, in the gutter of a chart book, or on a chart not aboard.
2) Any location on the water where at least twenty boats may be accomodated in sufficient proximity to one another so that a sound of 10 decibels (roughly equal to the noise produced by folding a paper towel in half) made by a member of the crew of any one boat may be heard clearly by a person of average hearing on any one of the other boats.
Il fatto che in questa definizione ci sia del vero è testimoniato anche dall’ idea di ancoraggio come molti la intendono: si dà poca catena, in modo da limitare il “giro” se il vento cambia e non andare a sbattere contro le barche vicine.
Chi la pensa così, fa i conti senza l’oste, perché se la catena è scarsa l’ancora non può tenere con vento appena un po’ fresco e a sbattere ci si va comunque.
L’ancora lavora bene se ha una sufficiente lunghezza di catena e/o catena + cima (tutto l’insieme ha il nome di calumo) che le permetta, sotto trazione, di lavorare in orizzontale.
Le ancore hanno una forma ben definita, che infatti funziona solo se sono sottoposte a trazioni parallele al fondo. Se il calumo è troppo corto, la trazione è obliqua o addirittura quasi verticale e l’ancora non può far altro che mollare la presa (ara scivolando sul fondo, o addirittura speda, cioè molla del tutto la presa sul fondale).
In queste condizioni, altro che se si va a sbattere contro la barca del vicino, magari mentre tutti sono in acqua a fare il bagno, oppure in piena notte. Questo non aiuta la buona qualità delle relazioni sociali.
Certo è che una notte in una rada con l’acqua trasparente, una scogliera o una spiaggia deserta intorno, un bel cielo stellato sulla testa e magari la previsione di un fresco bagno mattutino prima del caffè, è uno dei veri piaceri della vita e – come tutti i veri piaceri – va conquistato. Quindi, bisogna organizzarsi.
Un buon ancoraggio prevede tre fasi e un importante Preambolo:
il PREAMBOLO riguarda la buona regola di non andare MAI a maneggiare un’ancora e una catena senza scarpe e senza guanti
1) la STRATEGIA riguarda la scelta del posto (l’abituale “soliloquio del pilota”, da fare con l’aiuto del bollettino meteo, ma anche del Portolano, del GPS e della carta nautica della zona) per valutare profondità, natura del fondale, condizioni meteo e previsione di eventuale cambio della direzione del vento durante la sosta. Riguarda quindi
– LE PREVISIONI METEO
- in caso di bel tempo dichiarato, c’è da aspettarsi che la notte porti con sé la normale brezza di terra e l’ancoraggio andrà dunque effettuato prevedendo la direzione di provenienza di quest’ultima;
- in caso di tempo perturbato, la brezza non si sentirà e la decisione sul punto da scegliere per l’ancoraggio sarà fatta esclusivamente rispetto alla direzione prevista di vento e onda dominanti.
Questo non esclude la possibilità di sorprese, come può accadere quando le previsioni si rivelano errate e il vento si mette a soffiare da una direzione diversa ribaltando tutti i nostri calcoli sulla scelta del ridosso; sono queste uscite affannose in pigiama, nel cuore della notte e con gli scogli improvvisamente sottovento (quando abbiamo dato fondo erano ovviamente dalla parte opposta) a farci sognare – come dice Alain Grée – case di campagna con le fondamenta di granito. Ma si sa, l’andar per mare è fatto anche di questo e forse è proprio per questo che ci attira.
– LA NATURA DEL FONDALE
L’ipotesi è di avere a bordo un’ancora di forma, che è l’usuale dotazione sulle barche da diporto; questi tipi di ancore, come per es. la Delta, la CQR, la Bruce, la Danforth, hanno il pregio di far bene il loro lavoro per l’appunto grazie alla loro forma, senza dover essere troppo pesanti.
- fondali buoni tenitori: fango e sabbia;
- fondali cattivi tenitori: alghe;
- fondali da evitare: roccia (il rischio è che l’ancora vada ad incastrarsi sotto qualche masso, rendendo molto difficile il recupero al momento della partenza);
– LA PROFONDITÀ
Deve ovviamente essere compatibile con la lunghezza di calumo di cui si dispone a bordo, cioè di quell’insieme di catena e cima che è attaccato all’ancora. Le isole Eolie, a causa della profondità dei fondali anche molto sottocosta, sono un esempio lampante di luoghi in cui la tenuta dell’ancoraggio con vento è quasi sempre una scommessa.
– LA CONFORMAZIONE DELLA COSTA
- Un ancoraggio in prossimità di una costa bassa e pianeggiante offrirà scarso ridosso dal vento, ma potrà comunque garantire mare piatto, che è la primaria condizione per poter contare su una buona tenuta dell’ancora;
- Se invece la costa è alta ci si troverà protetti anche dal vento, fatta salva la presenza di valli in cui esso può incanalarsi e aumentare di intensità; se è molto alta c’è invece il rischio di forti raffiche che piombano giù dall’alto (un classico delle isole dell’Egeo). A parte il disagio e lo scarso comfort di una simile situazione, la cosa più importante perché l’ancora tenga resta comunque il mare piatto.
Meglio vento forte e mare piatto che il contrario!
2) la TATTICA, ovvero l’esecuzione concreta della manovra, identica sia per le barche a vela sia per quelle a motore, come del resto la fase precedente.
Le cose da tenere presenti non sono molte, ma sono tutte importanti per raggiungere lo scopo:
l’ancora si deve appoggiare sul fondo e poi subire trazione in orizzontale, in modo da agguantare (se rimane solo appoggiata lì e non si conficca nel fondale, non potrà tenere neanche un pattino)
LEI AGGUANTA SE NOI LA FACCIAMO AGGUANTARE
NON FA LE COSE DA SOLA E NON BASTA APPOGGIARLA LI’
E dunque:
– La barca si ferma, con la prua al vento, poco oltre il punto di fonda scelto (magari una bella chiazza di sabbia) e comincia ad andare in retro lentamente.
– Sul punto scelto, l’ancora deve scendere abbastanza velocemente a toccare il fondo (no all’uso del salpa-ancora elettrico per calarla, che è troppo lento; si molla la frizione e la li lascia scendere libera).
– Continuando la lenta retromarcia, l’ancora deve essere subito seguita dalla lunghezza di catena necessaria (non troppa perché non deve ammucchiarsi sul fondo; non troppo poca altrimenti non farà trazione in orizzontale sull’ancora; si lavora allentando o serrando la frizione del salpa-ancora. Su un fondale di 5 metri, per esempio, se ne possono dare più o meno una dozzina in questa fase iniziale, poi si blocca. E’ utile un segno di vernice sulle maglie della catena, per indicare i 10, 20, 30 metri ecc).
– Continuare la retromarcia serve a far stendere la catena e poi a fare trazione sull’ancora, in modo che agguanti, cioè faccia presa sul fondo; quando agguanta, chi è a prua vede che la catena si tende e si deve sentire lo strappo; già qui il Comandante è più sollevato, mette in folle e può finalmente guardarsi intorno.
– Poi si fila ancora catena, in modo da avere la giusta lunghezza di calumo in acqua.
– Una volta fatto tutto questo, se lo spazio è poco e le barche intorno molte, si può anche recuperare temporaneamente qualche metro di catena (per lo più, verso sera, la maggioranza dei vacanzieri se ne va in porto e lascia spazio libero, che potremo occupare filando di nuovo i metri necessari), ma almeno abbiamo la certezza di avere un’ancora che tiene.
– LE REGOLE PIÙ USUALI SULLA LUNGHEZZA DEL CALUMO:
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Per una sosta diurna e breve, con vento non superiore a forza 3 della scala Beaufort: si fila a mare un calumo pari a 3 volte la profondità (ad esempio, su un fondale di 5 metri si daranno 15 metri);
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Per una sosta prolungata o notturna: la lunghezza del calumo sarà da 5 a 7 volte la profondità, in funzione dell’intensità del vento.
Resta il fatto che, se si vuole dormire tranquilli, vale la pena di essere anche più generosi, il che rappresenta la più immediata misura di sicurezza anche nel caso di un rinforzo del vento: filare più cima o catena (al limite, anche tutta quella che si ha a bordo o persino di più, aggiungendo uno spezzone di cima adeguata) permette di avere un calumo ELASTICO e una trazione più orizzontale sull’ancora, con la conseguenza di farla penetrare meglio nel fondale.
Lo svantaggio di questa operazione sta principalmente nell’aumento del campo di giro della barca, che va tenuto presente se intorno ci sono altre imbarcazioni.
Vale la pena di osservare che, se il luogo è veramente molto affollato, forse è meglio andare altrove: non si può scambiare un’ancora che tiene con una che ci fa ruotare poco ma non garantisce la tenuta!!!!!
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sotto l’effetto di vento e onda la catena lavora in obliquo e fa arare o addirittura spedare l’ancora
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sotto l’effetto di vento e onda la catena si tende ma la porzione che resta sul fondo fa agguantare l’ancora anche meglio.
NO! SI’!
3) il CONTROLLO ovvero cosa fare per essere sicuri che abbia agguantato
Qui ci si può sbizzarrire: c’è chi si immerge e va a vedere come sta messa l’ancora e c’è chi il controllo lo fa da bordo (se fosse gennaio, voglio vedere chi si immergerebbe).
Tenendo presente che qualunque barca all’ancora brandeggia (compie cioè il classico movimento a pendolo, un po’ di qua e un po’ di là, sempre tornando in linea con l’ancora), si prende un allineamento più o meno al traverso: un masso a riva allineato con un palo della luce più in alto sulla costa; un cespuglio ben riconoscibile allineato con un albero più in alto; un quelchec’è vicino a riva con un quelchec’è dietro…).
I due riferimenti presi risulteranno sfalsati durante il brandeggio, ma devono ogni volta riallinearsi, altrimenti significa che l’ancora ara.
Occorre un poco di pazienza per stare lì a controllare 5 minuti o quel che serve, mentre tutti si tuffano e fanno gli sberleffi a quel pignolo del Comandante, ma ne vale la pena.
Copyright Silvia Ferri 2009
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